Il Cammino della Compagnia di Gioia dei Marsi verso il Santuario della Madonna della Libera nasce da un percorso già tracciato, da una storia radicata e da una profonda devozione.
Infatti, questo cammino, percorre le orme della Compagnia che il venerdì che anticipa ogni prima domenica di maggio, con un folto gruppo di pellegrini della Comunità Gioiese e tanti di altre Comunità limitrofe, si incamminano a piedi, fin dalle prime ore del giorno, per raggiungere il Santuario della Madonna della Libera di Pratola Peligna.
La Compagnia percorrendo sentieri sterrati e breve tratte di strade carrabili, attraversa vari paesi, valichi di montagna e pianure verdeggianti e raggiunge il Santuario nel tardo pomeriggio, accusando stanchezza e tanta sofferenza ma nello stesso tempo una gioia infinita.
Di questo pellegrinaggio ne parla autorevolmente lo scrittore della nostra terra Ignazio Silone nelle opere “Fontamara” e “Il Segreto di Luca”; questa importante testimonianza che risale alla prima metà del ‘900, dimostra quanto già allora fosse praticato e sentito questo percorso dello spirito, così meritevole da essere inserito nelle opere di un grande scrittore Marsicano.
La nascita della Compagnia di Gioia dei Marsi non ha data certa: alcuni la inseriscono nell’anno 1915, anno nefasto a causa del catastrofico terremoto che distrusse l’intera Marsica; altri la collocano invece a tempi ancora più lontani e questo da attribuire alle numerose testimonianze di persone che hanno ricevuto “grazie e prodigi” attribuiti alla Madonna della Libera.
Facendo riferimento al bollettino del Santuario di Pratola Peligna del 1925, “La Voce di Maria SS. Liberatrice” venivano già riportate alcune informazioni relative ai festeggiamenti dell’epoca; narrava, infatti, la presenza di pellegrini provenienti da 105 luoghi territoriali diversi e scriveva testualmente ”da molti altri borghi e città”.
Negli archivi parrocchiali e diocesani non si trovano altre testimonianze e maggiori dettagli sugli eventi degli anni precedenti se non quanto tramandato dalla narrazione e dalle testimonianze di partecipanti e fedeli.
Facendo riferimento ad un studio condotto dal Prof. Panfilo Petrella, storico di Pratola Peligna, nell’anno 1998 dal titolo “Storia di una devozione”, nel capitolo dedicato al Cammino della Compagnia di Gioia dei Marsi, ipotizza che il pellegrinaggio fosse una ritualità che ebbe inizio dopo la costruzione dell’attuale Santuario, cioè dopo il 1851.
In realtà, tale pellegrinaggio potrebbe presumibilmente avere radici storiche ancora più lontane nel tempo, in quanto il Santuario della Madonna della Libera, venne realizzato per molteplici ragioni, una delle quali afferiva alla necessità di realizzare un luogo di culto adatto ad accogliere un elevato numero di fedeli che ogni anno facevano visita al prodigioso quadro di Maria SS. della Libera.
Tenendo presente anche, di quanto riportato nell’opuscolo “La Città di Rifugio…” di P. Domenico di S. Eusanio, edito nel 1861 (già approvato per le stampe nel gennaio del 1858) e nell’opuscoletto “Il Santuario di S. Maria della Libera” edito da Giuseppe Di Loreto nel 1913, si può dedurre presumibilmente un ipotetico periodo temporale di riferimento dell’origine di detti pellegrinaggi.
…nel suo opuscolo narrava: “Verso l’anno 1827 una maritata di S. Benedetto de’ Marsi con visitare e pregare all’oggetto la Madonna della Libera, partorì dopo quattro anni d’infecondità un figlio, ma sordo-muto.
Laonde ella, contando il suo figliolo quattro anni, lamentevole lo condusse a quella Santissima Vergine, e gittandolo sul di lei altare, a lei lo rese che glielo aveva donato.
Ma il fanciullo, caduto appena nella sacra mensa, articolò per una sua prima parola, <O Mamma>. A tale spettacolo si elevarono clamorosi evviva alla Madonna della Libera.”
…nel suo opuscoletto recitava: “Un fanciullo di sei anni di S. Benedetto dei Marsi, nato sordo-muto, viene condotto dalla mamma a visitare la Madonna della Libera.
Appena il piccolo sordo-muto è dinanzi la Vergine Miracolosa, si scuote fortemente, contorce le membra, come per sottrarsi da una forza che lo lega e grida <O mamma, o mamma!> Tale atto è successo la prima domenica di Maggio del 1827”.
Le due testimonianze, dunque, narrano di un accadimento miracoloso risalente alla prima metà dell’800; da ciò se ne deduce, quindi, che già all’epoca il Santuario era meta di pellegrinaggi dalla Marsica e che i pellegrini, per forza di cose, utilizzassero un tracciato pedonale molto simile a quello che oggi segue la Compagnia di Gioia dei Marsi, che ha adattato il percorso a seguito del tracciamento e della realizzazione di nuove strade e collegamenti.
Alcune testimonianze, inoltre, riportano che la stessa via venisse utilizzata anche per scambi commerciali tra la Marsica e la Valle Peligna, a dimostrazione dello storico legame tra le due comunità abruzzesi.
In conclusione ci sono buone ragioni per affermare che tale Cammino Religioso conta circa 200 anni di storia e che, purtroppo, non identifica né una data certa, né una causa scaturente ben individuata. La certezza è che la devozione è stata ed è tuttora così forte da far arrivare ai giorni nostri questa testimonianza di “atto di fede”.
Facendo riferimento al bollettino del Santuario di Pratola Peligna del 1925, “La Voce di Maria SS. Liberatrice” venivano già riportate alcune informazioni relative ai festeggiamenti dell’epoca; narrava, infatti, la presenza di pellegrini provenienti da 105 luoghi territoriali diversi e scriveva testualmente ”da molti altri borghi e città”.
Come già detto, il Pellegrinaggio della Compagnia di Gioia dei Marsi, ha inizio il venerdì antecedente la prima domenica di maggio di ogni anno: data della Festa Solenne della Madonna della Libera.
La mattina della partenza, alle ore 6,30, con la presenza dei pellegrini e dell’intera comunità gioiese, viene celebrata la Santa Messa presso la Chiesa di S. Maria Assunta di Gioia dei Marsi.
A seguire, i pellegrini unitamente ai cittadini della comunità, intonando il canto “Evviva Maria” escono dalla chiesa e si avviano a piedi verso l’uscita del paese per raggiungere il punto dove è posta una riproduzione di una piccola statua della Madonna della Libera; da questo punto, dopo la benedizione del Parroco di Gioia dei Marsi, i pellegrini, muniti di zaino sulle spalle ed indumenti per eventuali emergenze climatiche, iniziano ufficialmente il cammino del pellegrinaggio.
Nel cammino i pellegrini incontrano vari paesi, Pescina, Goriano Sicoli, Raiano ed all’ingresso di ognuno di essi intonano il canto di “Evviva Maria”, ricevendo una calorosa accoglienza; al passaggio della compagnia la gente bacia lo stendardo, affidano preghiere ed intenzioni da portare alla Vergine e lascia offerte in denaro che saranno poi donate al Santuario.
Il cammino a piedi, comporta per i pellegrini una fatica ed uno sforzo fisico considerevole, pertanto vengono previsti punti di sosta per “riprendere fiato”, per bere ed alimentarsi necessariamente.
Nella sosta il Presidente della Compagnia tiene un breve discorso di incoraggiamento e da ai presenti informazioni utili del momento e ricorda le regole fondamentali di comportamento:
1) Mai oltrepassare durante il cammino lo stendardo;
2) Al grido di “Ave Maria” bisogna sempre fermarsi;
3) Chi, in qualsiasi momento del cammino, non intendesse pregare o cantare dovrà prendere obbligatoriamente posto in fondo al corteo e restare in silenzio, per non disturbare coloro che attuano il pellegrinaggio nella preghiera e nel canto.
Finalmente dopo circa 12 ore di cammino, i pellegrini arrivano alle porte di Pratola Peligna. L’ingresso al paese è particolarmente emozionante. I Gioiesi vengono accolti dalle Autorità Civili e Religiose che si uniscono a loro e proseguono insieme il cammino verso il Santuario ubicato al centro di Pratola Peligna.
Iniziano così momenti di grande festa con fuochi d’artificio e suoni della banda che accompagnerà la compagnia fino all’ingresso della Cattedrale dove veglia la Madonna della Libera. Il rituale è molto rigido.
Si procede in perfetto ordine prestabilito da decenni: in testa lo Stendardo con il Presidente della Compagnia di Gioia dei Marsi; a seguire donne, uomini solisti per la prima voce, uomini solisti per la seconda voce e pellegrini.
La Compagnia si incammina verso il Santuario tra due ali di folla plaudenti e luminarie accese ai margini della strada. Giunti sul Sagrato del Santuario i pellegrini si inginocchiano e percorrono, con il cosiddetto “strascioin” (cioè, trascinandosi) la navata centrale della Cattedrale fino a raggiungere l’Altare Maggiore, alla cui base è posto il simbolo della Madonna (una M) che viene da tutti baciata e toccata a conclusione di stanchezza, sofferenza, devozione e preghiera.